Al mercatino di Lungotevere Oberdan nella speranza del grande affare
Un susseguirsi ininterrotto di camion e pulmini pieni di libri usati, qualche automobile in doppia fila con il portabagagli aperto utilizzato come libreria – per lo più, di ex-studenti ma anche di stranieri, che hanno fiutato l’affare – e venditori che cercano di attirare l’attenzione di automobilisti e passanti. Da agosto a ottobre, ma i primi banchi si vedono già a metà luglio, è questo l’aspetto di lungotevere Oberdan, all’altezza di ponte Risorgimento, storica sede – è lì dagli anni Ottanta – del mercatino di libri scolastici usati. Un toccasana contro il caro-libri.
Dal mattino al tramonto è pressoché impossibile camminare sul marciapiede, senza essere fermati da librai, che offrono titoli, strillano sconti e fanno battute, che, se si passa senza acquistare, culminano nell’ironico «Fa una passeggiata?», come fosse vietato percorrere quel tratto di strada se non si cercano volumi.
Ma di passeggiare non se ne parla: bisogna fare lo slalom tra decine di persone che, lista degli istituti alla mano, cercano titoli in offerta, raccontando con la loro presenza quanto l’aumento incontrollato del prezzo dei libri di testo pesi nelle tasche dei romani.
Il mercato, negli anni, è diventato una tradizione, rappresentando perfino una scelta culturale, basta guardarsi intorno, però, per rendersi conto che ora la maggior parte dei clienti non vuole mandare messaggi di protesta, ma solo ridurre una spesa che grava sul bilancio della famiglia, soprattutto quando ci sono più figli. Di ragazzi se ne vedono pochi, sia tra i venditori – una volta, erano soprattutto gli studenti a vendere libri propri e di amici – che tra i compratori. Per lo più sono genitori che vanno alla ricerca dei prezzi migliori. Un lavoro delicato che può impegnare ore. Meglio siano mamma e papà a far quadrare i conti. O, almeno, a cercare di farlo. E sì, perché non è sempre facile trovare ciò che si cerca: i libri scolastici invecchiano in fretta, uno o due anni e poi cambiano le edizioni, così si è costretti a comprarli nuovi, senza la consolazione di rivendere il proprio, rientrando parzialmente della spesa. Perché l’edizione è «vecchia», quindi inutile. E di edizioni vecchie sembrano essercene molte.
In terra tra i banchi si trovano cumuli di libri, a volte intonsi, abbandonati, «perché non vale la pena riportarsi dietro il peso». Malgrado il boom di nuovi titoli, gli affari vanno bene. Anzi meglio. Di anno in anno aumenta il numero di chi è in cerca di un’occasione. Reale o apparente. Accanto ai clienti soddisfatti, infatti, ce ne sono altri che si lamentano. «Ho venduto il libro di storia – dice Laura, 17 anni – mi hanno dato sette euro, per comprare il volume successivo ne hanno chiesti ventidue». «Valutano i libri al trenta per cento del prezzo – spiega Anna Proietti, mamma di Vanessa, 13 anni – li vendono al sessanta. A volte danno edizioni sbagliate, assicurandoti che sono quelle che stai cercando, poi, torni a casa, ti accorgi dell’errore e devi tornare a cambiarlo». Le sostituzioni sono effettuate rapidamente. Ogni banco, quando prezza i libri mette il marchio per riconoscere i propri. «Ho portato i volumi di mio figlio – dice Antonino Piano – erano perfetti: poche sottolineature a matita. Li hanno pagati tre euro l’uno. I testi che ho comprato li hanno scontati del venti per cento».
Ma i prezzi come sono? «Buoni – assicura Grazia Romano, che ha un figlio alle medie e una al liceo – sono gli stessi dell’elenco che è stato dato a scuola». «Già – aggiunge sarcastico il marito – Quelli attuali. Poi, magari, scopri che sulla copertina ce n’era uno molto più basso».
Alla fine, però, sembrano tutti concordare su un punto. «Acquistare qui conviene – conclude Simona Bardi, che ha un figlio di 15 anni – ho una lista da trecento euro, ne ho spesi duecentoquaranta. Speriamo solo che studi»